• #
    Estetica
  • #
    Produzioni
  • #
    Personae
  • #
    Immagini & Video
  • #
    Recensioni
  • #
    Attività Didattica
  • #
    Editoria & Organizzazione
  • #
    Contatti & Newsletter

HOME |



EssereServe
EssereServe

da Le serve di Jean Genet

Atto unico. Durata: 60’

Un attore e un’attrice di fronte a tre personaggi femminili. Una sfida impossibile se si vuole restare fedeli ai dettami del naturalismo, ma Le Serve ha in sé quel bagaglio, quella potenzialità di simboli, di prospettive, di rimandi, che trascende i limiti contingenti e spinge il dramma verso l’universale, ovvero verso la tragedia. Ciò che è naturale e scontato per una rappresentazione teatrale, il mezzo stesso della rappresentazione, cioè imitare, fingere, recitare, acquista in questo lavoro un senso e un ruolo disarmante: non si imita per dire altro ma imitare è già atto altro; il personaggio si fa da parte e in scena c’è solo l’attrice (o l’attore). Il mezzo è il messaggio: imita! L’attore imita la serva che imita la padrona che imita… la felicità.

Note di regia

Sono passati sessanta anni dalla stesura de Le Serve eppure, oggi che viviamo nell’epoca del simulacro televisivo e dei vari Grande Fratello, questo dramma dimostra ancora una straordinaria attualità. Solange e Claire sono le serve che abitano in tutti noi, nelle nostre fantasiose dimensioni private – e poi pubbliche - in cui ci mimetizziamo, dove insceniamo un teatrino di gesti e battute per cercare un finale risolutivo che però non viene mai, una illusione di essere-non essere che a lungo andare ci svuota, ci denuda, ci sconfigge.

Solange e Claire cercano ciò che non hanno (o che forse hanno ma non sanno riconoscere), e questa stressante e impossibile ricerca che si manifesta nella reiterata finzione, le consuma acidamente: più imitano più si confondono, più l'odio sgocciola in un rancore reciproco, una verso l'altra, ognuna verso sé stessa. È così che ogni sera, un po' per volta, le due serve si mangiano l'anima, perché la nemica (la Signora) le ha permeate, si sono lasciate plasmare dai suoi gesti e così, perdendola nel reale, la animano nel non reale, la fanno vivere in se stesse e in se stesse – distruggendosi - la distruggono. Queste serve sono dei mostri proprio come noi stessi quando sogniamo d’essere questa o quell’altra cosa, dei mostri che ci permettono, come dice Genet stesso: "di vederci come non sapremmo o non oseremmo vederci o immaginarci e tuttavia quali sappiamo di essere!"

Questa nostra versione avviene nella forma di studio scenico: è questo, solo il nostro primo passo verso una rappresentazione de Le Serve che sia matura e completa, che sappia valutare e mostrare appieno tutto il mondo di simboli, significati e significanti, che questo straordinario testo è in grado di veicolare.

Servirli? Abbatterli? Imitarli! Ma chi? I padroni, e si parla di padroni non (o non solo) in senso marxista ma intendendo quell’idea ingannatrice di bellezza assoluta, di perfezione patinata che sembra essere il vero motore della nostra storia recente. La dicotomia servire – abbattere sembra non essere più di moda: oggi il padrone si imita. Ne Le serve non c’è più l’utopia di un popolo che prende coscienza e lotta e si ribella; c’è il triste inganno dell’apparenza, quello stesso inganno che spinge oggi le giovani generazioni a sognare la fuga dal proprio stato attraverso le illusioni di celebrità dispensate dai vari reality show. Tragica assurdità dei nostri tempi, il voler essere “altri”, il voler tradire noi stessi quando, in definitiva, ciò che spesso manca in ciascuno di noi è proprio la conoscenza e l’accettazione della nostra peculiare bellezza, esteriore quanto interiore.